sabato 14 luglio 2012

Giovanni Previtali: cos'è l'attribuzione

Un testo sul quale riflettere dati i tanti (voluti o meno) abbagli che si stanno prendendo ultimamente

GIOVANNI PREVITALI. VOCE ATTRIBUZIONE

G. Previtali, Voce Attribuzione, Enciclopedia Feltrinelli Fischer, Arte 2/1, Milano, 1971, pp. 56-60

ATTRIBUZIONE. È l'atto critico mediante il quale un prodotto artistico viene riconosciuto come appartenente ad un medesimo gruppo di altri prodotti analoghi, supposti opera di uno stesso autore (sia che il suo nome sia noto sia che non lo sia [...]). L'attribuzione giunge quindi anch'essa come atto conclusivo dell'analisi stilistica, cioè di quello che è lo strumento analitico specifico della storia dell'arte e ciò che la distingue dalle altri discipline storiche.

In effetti per la storia dell'arte valgono in massima parte i principi metodologici della filologia classica e della linguistica storica; loci communes e loro trasmissione, lectio facilior e lectio difficilior, ritardo delle aree periferiche ecc; come valgono i principi della critica storica per quanto riguarda l'analisi, la selezione e l'utilizzazione delle fonti e dei documenti.

Il principio su cui si basa l'attribuzione è molto semplice: e cioè da un lato sulla capacità della mente umana di riconoscere ciò che già conosce, dall'altro sull'altra caratteristica dell'uomo di lasciar sempre una impronta personale su ciò che fa, sia che lo voglia, sia che (come nella storia avviene assai spesso) cerchi di ottenere proprio l'opposto [...].

Come in ogni indagine storica l'errore, nell'attribuzione, ha origine infatti il più delle volte non tanto nella fase della osservazione (analisi) quanto in quella successiva dell'induzione sulla base degli elementi raccolti.

Una somiglianza, o una serie di somiglianze, tra le opere A e B può avere infatti, storicamente parlando, più significati: derivazione da uno stesso modello C; derivazione di A da B; derivazione di B da A analogia di risultati tra A e B perché ambedue basate su di una stessa condizione ambientale X o perché ambedue rispondenti alla medesima richiesta di un committente Y. Tanto per fare un celebre esempio di quest'ultimo caso, è ovvio che la maggior parte delle somiglianze tra le varie formelle presentate nel 1401 al concorso per le porte del Battistero di Firenze è dovuta alle clausole del concorso, a loro volta basate sul precedente storico della porta di Andrea Pisano.

Quanto detto basta cioè a render chiaro che l'atto della attribuzione, apparentemente così semplice e, a volte, rapido, giunge in realtà, come abbiamo detto, alla fine di un processo di analisi dell'opera d'arte (e dei suoi rapporti reali con la società: altri artisti, convenzione sociali, morali, di culto o semplicemente di etichetta; committenti a loro volta impregnati di idee politiche, religiose, ecc.); processo di analisi estremamente complesso ed i cui modi e risultati si sono trasmessi ed arricchiti di generazione in generazione, di storico in storico.

Ben altra cosa è, naturalmente, la corrente pratica attribuzionistica ad uso commerciale che si potrebbe definire l'arte di rinvenire rapidamente un "nome" (compatibile, però, con lo stato delle conoscenze) per qualsiasi prodotto si presenti sul mercato. Tale degenerazione meccanica dell'analisi attribuzionistica è, a ben vedere, la conseguenza proprio dell'astrarre (per ragioni di pratica efficienza) dai legami con tutto il complesso di fatti che l'analisi formale dell'opera d'arte rivela e che tutti confluiscono a darle il suo pieno significato storico. Ricordarsi «che l'opera d'arte» ha scritto proprio il massimo conoscitore italiano, «è sempre un capolavoro squisitamente "relativo". L'opera non sta mai da sola, è sempre un rapporto» (R. Longhi).

giovedì 12 luglio 2012

Le architetture impossibili di Jean François Rauzier

Jean François Rauzier è un artista francese nato nel 1952. Dall'esperienza di fotografo, pittore e scultore per 30 anni, Rauzier ha cominciato a sperimentare nuove tecniche di espressione ed ha elaborato quella che viene definita "Hyper-Photo". Tecnica digitale che unisce insieme un numero impressionante di singole immagini. Gli scatti, dalle architettura impossibili e surreali, uniscono la visionarietà di Piranesi e l'assurdo di Escher il tutto con una tecnica impeccabile e molteplici citazioni e riproposizioni di celebri architetture. Provare a navigare, per esempio, in questa veduta di Venezia (o in ogni altro scatto in modalità schermo intero) è un'esperienza estraniante.










mercoledì 11 luglio 2012

Salvador Dali intervistato da Carlo Mazzarella

Vulcano Extravaganza 2012


Di sicuro tra gli eventi d'arte, in Italia, più interessanti del periodo estivo vuoi per la splendida location, l'isola di Stromboli, vuoi per gli artisti invitati e il concept di fondo. Un progetto di Fiorucci Art Trust sull'isola di Stromboli a cura di Milovan Farronato in collaborazione con un artista guest-star d'eccezione: Nick Mauss. Una condivisione di intenti con artisti e critici selezionati in base alla loro "sensibilità” al progetto che quest'anno prende in prestito il concetto di "stra-vaganza” di Alighiero Boetti, visto come la capacità e la volontà di interagire nella molteplicità degli incontri. 
Una serie di incontri e conferenze, che partiranno il prossimo 20 luglio e che culmineranno il 23 agosto, con l'opening di un progetto firmato proprio da Nick Mauss e che resterà visibile fino alla primavera del 2013. 
Ma c'è una novità: un gruppo di artisti, addetti ai lavori e curatori sono stati invitati a performare il proprio soliloquio di fronte al vulcano, in un una dimensione che ispira allo stesso tempo reverenza ed eccitazione: all'appello hanno risposto gli artisti Than Hussein Clark e Karl Homqvist, il direttore del FRAC Champagne-Ardenne Florence Derieux, i curatori Stuart Comer e Mark Nash e il critico Michael Sanchez.
Inoltre, tra gli altri protagonisti vi saranno Paolo Chiasera e Antonio Grulli, e la partecipazione ai programmi dell'artist run space bolognese Interno4, nonché una residenza parallela indetta dalla guida all'arte online milanese That's Contemporary, che però si terrà nella vicina isola di Lipari.

Per seguire l'evento c'è il blog http://dedicatostromboli.blogspot.it/




venerdì 6 luglio 2012

I disegni del Caravaggio scoperti - rassegna stampa - cosa dicono i giornali?

Come leggo giustamente sul blog Robe da Chiodi riguardo ai presunti disegni del Caravaggio ritrovati c'è una disparità di trattamento tra ciò che si legge su internet e ciò che riportano i giornali

Se cercate notizie sul web rispetto al caso dei 100 disegni del Fondo Peterzano in cui due studiosi hanno riconosciuto la mano di Caravaggio, vi troverete davanti ad un elenco infinito di link in cui tutto viene dato per certo e per acquisito. Per una valutazione sul bizzarro ritrovamento vi rimando a questa intervista di Cristina Terzaghi, che a Caravaggio ha dedicato un libro di grande importanza e con tantes coperte documentarie. Oggi tutti i giornali si occupano ovviamente della cosa, dedicando anche grande spazio. Pierluigi Panza sul Corriere ha sentito Francesca Rossi, responsabile del Gabinetto dei Disegni del Castello (dove è custodito il Fondo Peterzano, di cui fanno parte i 100 disegni) che rivela di non aver mai conosciuto i due studiosi e di non averli mai visti in sala studio. La Stampa esagera con ben due pagine senza nessun accenno dubitativo nel titolo, ma almeno con la salutare doccia fredda di un commento di Marco Vallora. Repubblica che ieri aveva seguito a ruota l’Ansa nel lancio sul sito, oggi in prima pagina almeno prende un minimo di distanza mettendo le virgolette al titolo (nel senso che attribuisce l’affermazione del ritrovamento alla voce dei due studiosi). L’articolo di Armando Besio e Carlo Alberto Bucci mette mille dubbi (rivelando che i disgeni erano stati studiati persino da Costantino Baroni e da Maurizio Calvesi). Claudio Strinati, con un commento un po’ imbarazzato salva il profilo dei due ricercatori (“egregi studiosi”) e finisce con il dire che se anche fossero di Caravaggio non dicono nulla che non sapessimo già…
Se invece andate su internet non troverete né punti interrogativi, né virgolette per i titoli, né pareri minimamente dubitanti.
Questo per dire che la carta (dei giornali) è preziosa, con tutti i limiti e la fatica che si porta dietro. Speriamo che non ci abbandoni 

Mi sono andato a spulciare allora la rassegna stampa che il MiBac pubblica giornalmente selezionando gli articoli sulla scoperta che inserisco, scaricabili, in pdf. I giudizi di storici dell'arte e non solo, come vedrete, non sono naturalmente dei più positivi e gettano pesanti ombre sulle attribuzioni. E c'è già chi parla di bufala o di falsi.


Rassegna Stampa - Disegni giovanili Caravaggio

Giovane Caravaggio - Le cento opere ritrovate - I volumi su Amazon

Segnalo il link delle due pubblicazioni, appena uscite su Amazon, che spiegheranno le motivazioni dell'attribuzione dei disegni del fondo Peterzano al giovane Caravaggio, attribuzione che ha portato subbuglio nel mondo dell'arte dato che del Merisi, sino ad oggi, non c'è pervenuto neanche uno schizzo e i suoi unici disegni si possono leggere guardando le radiografie delle opere. Il comune di Milano, tramite l'assessore alla cultura Stefano Boeri, ha invitato comunque alla prudenza (link). Gli autori sono Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli. 

Sinossi

Più di quattrocento anni di oscurità impenetrabile nascondevano uno dei maggiori tesori della cultura mondiale: le opere realizzate da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio nel periodo giovanile, prima dell’arrivo a Roma. Nel 2012, i due studiosi italiani, dopo una lunga ricerca, hanno individuato e aperto, a Milano, la porta concettuale nascosta che ha permesso il recupero di cento disegni del giovane Caravaggio - dei quali ottanta saranno ripresi nelle opere della maturità - una decina di ritratti a olio, un biglietto di protesta steso da Merisi. E’ così possibile conoscere il motore segreto di uno dei più grandi pittori di tutti i tempi, smentendo, tra l’altro l’ipotesi diffusa, in base alla quale Caravaggio non avrebbe mai disegnato. La scoperta è illustrata - anche per un pubblico ampio, attraverso un linguaggio accessibile e numerose immagini - in due e-book con più di mille fotografie, in grandissima parte inedite. Nel primo volume (438 immagini): la vita dell’artista alla luce della nuova scoperta, i ritratti ritrovati, il biglietto di Caravaggio, il presunto primo autoritratto di Merisi. E, ancora, in prima assoluta mondiale, il volto di Costanza Colonna, la marchesa protettrice di Caravaggio. "Nulla di tutto quello che Merisi poté dipingere in questa primissima fase è stato mai individuato."Claudio Strinati, Caravaggio, la luce nella pittura lombarda. (Link Vol I su Amazon)



In questo volume, secondo tomo dedicato alla scoperta delle opere perdute del giovane Caravaggio, i cento disegni del pittore trovati a Milano, letti nel confronto con i dipinti noti che rivelano gli straordinari, continui, fitti rinvii tra le prove svolte nel suo periodo di formazione, fino ad oggi sconosciute, e gli oli che Merisi realizzerà, a partire dal primo soggiorno romano. Volti, personaggi, posture che egli combinerà in molti modi, come in un puzzle, per ottenere tutti i capolavori che noi conosciamo. Una convergenza sconvolgente, in grado di dimostrare che Caravaggio partì da Milano, alla volta di Roma, con un bagaglio ricchissimo. Lo studio, oltre ai disegni, recupera dipinti inediti e ricostruisce anche il percorso stilistico compiuto dal pittore, in previsione del trasferimento nella città dei Papi. L’ebook – 658 immagini commentate - presenta, sempre per la prima volta al mondo, anche il volto di Caravaggio fissato dal suo maestro in quattro disegni, in una sequenza cha va dalla fanciullezza alla giovinezza, e quello che parrebbe il ritratto della madre dell’artista, Lucia Aratori. Un viso, legato al concetto di maternità, che egli disegna a Milano e che ripeterà nei più commoventi, dolci, drammatici dipinti in cui è rappresentata la Madonna. (Link vol. II su Amazon)


In concomitanza è uscito anche un sito http://www.giovanecaravaggio.it/ attraverso il quale prendere contatti con gli autori.


giovedì 5 luglio 2012

Caravaggio, scoperti 100 disegni giovanili

E' di quelle scoperte che tutti aspettano ma che proprio per questo motivo è da prendere letteralmente con le molle. Da circa un'ora una breve nota dell'Ansa sta portando subbuglio tra tutti gli esperti del Caravaggio del quale sembrano essere finalmente tornati alla luce dei disegni giovanili, circa un centinaio, dal fondo Peterzano. Suggestivi i confronti proposti con opere, però, ben più tarde. E se di ascendenze vogliamo parlare quella leonardesca è quella che spicca di più. Da domani, su due ebook che usciranno su Amazon, le novità e le scoperte che seguiremo da questo blog.

"Per la storia dell'arte potrebbe essere una svolta storica. Si tratta di un centinaio di opere assolutamente inedite - disegni e alcuni dipinti - attribuite da un'equipe di studiosi ai 'primi passi' di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio quando, appena adolescente, era allievo nella bottega del pittore manierista Simone Peterzano, dal 1584 al 1588.

Le opere, il cui valore stimato e' di circa 700 milioni di euro, sono venute alla luce grazie ad una lunga ed accurata ricerca svolta da un gruppo di esperti, guidato da Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli, da domani pubblicata da Amazon in due e-book di 600 pagine dal titolo 'Giovane Caravaggio. Le cento opere ritrovate'.

Attraverso un migliaio di immagini e puntuali confronti con i capolavori romani e napoletani del Merisi, le due pubblicazioni illustrano e ricostruiscono, in quattro lingue, la prima produzione artistica del genio lombardo, fino a oggi rimasta sconosciuta. Per due anni, gli studiosi hanno compiuto frequenti sopralluoghi nell'area di Caravaggio e nelle chiese milanesi ed hanno letteralmente setacciato il Fondo Peterzano, custodito nel Castello Sforzesco (di proprieta' del comune di Milano) e contenente 1.378 disegni del maestro e degli allievi che lavoravano con lui.

''Era impossibile che Caravaggio non avesse lasciato nessuna testimonianza della sua attivita' durata dal 1584 al 1588 presso la bottega di un pittore all'epoca famoso e ricercato'' sostiene Bernardelli Curuz, direttore artistico della Fondazione Brescia Musei. E infatti ha messo a punto una rigorosa metodologia di indagine che ha permesso in primo luogo di individuare il canone geometrico che sottende le raffigurazioni del primo periodo romano, i volti di efebo fino al 'Ragazzo morso dal ramarro'.

''Ogni pittore ne ha uno, come fosse una matrice stilistica'', sottolineano i due studiosi che quindi hanno proceduto a rintracciare quelle stesse proporzioni nei disegni di studio che ogni allievo aveva il compito di realizzare fino a impararli a memoria, declinandoli nelle piu' diverse fisionomie e posture. Dei circa cento disegni rinvenuti nel Fondo della Bottega di Peterzano, ben 83 ''saranno ripresi piu' volte nelle opere della maturita' - sottolineano - a dimostrazione che il giovane pittore parti' da Milano con canoni, modelli, teste di carattere e alcune possibili varianti stilistiche, pronti per essere utilizzati nei dipinti romani''. I due ricercatori hanno individuato il ''canone geometrico'' dei volti anche in un dipinto di Simone Peterzano, il ''quadrone'' nella chiesa milanese dei Santi Paolo e Barnaba in cui viene raffigurato 'Il Miracolo dei santi Paolo e Barnaba a Listri'', eseguito dal maestro manierista nel 1573, ma considerato da Roberto Longhi ''fortemente precaravaggesco''. Qui un sospetto gruppo di ritratti giustificherebbe l'intuizione di Longhi, in quanto quei personaggi sarebbero stati, come lo stesso Caravaggio, ancora troppo giovani per apparire in tali ruoli e fogge.

Le evidenti incongruenze temporali, e le diversita' di stile, hanno portato gli studiosi a indagare quello che ritengono un rifacimento eseguito nel 1590 dal Merisi, probabilmente proposto dalla sua storica protettrice Costanza Sforza Colonna, benefattrice dei Barnabiti. In quello che potrebbe essere stato il suo primo lavoro in autonomia, emerge ''una cifra di assoluta originalita''', senza contare, sottolinea Bernardelli Curuz, che almeno nove di quei ritratti tornano nella sua successiva produzione. ''Come la raffigurazione di Carlo Bascape', superiore generale dei Barnabiti e direttore spirituale di Costanza, che ha lo stesso volto di un personaggio dell''Ecce Homo' o quello di Alessandro Sauli che riappare nell''Incredulita' di San Tommaso'''.

Quella ''rapida e violenta modalita' di stesura del segno'' potrebbe infine essere la stessa che il giovane allievo infonde nelle brevi righe di un biglietto di protesta, anch'esso rinvenuto nel Fondo Peterzano, che ''mette in luce attriti e incomprensioni tra due temperamenti agli antipodi''. Il breve scritto e' stato sottoposto (ma solo in foto) a perizia grafologica in un confronto con ricevute vergate da Caravaggio nel 1605-1606. Per l'esperta grafologa Anna Grasso Rossetti, perita del tribunale di Brescia, i diversi biglietti sarebbero della stessa mano, quindi tutti autografi di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio".


Nei disegni una mano forte e sporca

''Forte, veloce, ma sporca'', questa la mano del giovane Caravaggio secondo gli studiosi Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli che a Milano, nel Fondo del pittore manierista Simone Peterzano, hanno individuato un centinaio di disegni da loro attribuiti al Merisi.

Le 1.378 opere trovate nella bottega di quello che fu il maestro di Caravaggio dal 1584 al 1588 (dai 13 ai 18 anni di eta') sono state esaminate dai due storici dell'arte e dai loro collaboratori e quindi suddivise in tre blocchi, sulla base dell'unita' stilistica.

Oltre ai fogli di Peterzano, definito dalla Conconi ''disegnatore eccelso, capace pero' di appiattire con il colore ogni sua creazione'', gli studiosi hanno rinvenuto un nucleo in cui hanno iniziato ''a vedere i volti, i corpi, le scene che il giovane Merisi avrebbe applicato durante la maturita'''. Famoso proprio per aver sostituito nei suoi capolavori il disegno con ''incisioni sommarie'', Caravaggio avrebbe dunque impiegato gli anni del suo apprendistato proprio in questa attivita', che all'epoca era indispensabile per intraprendere il mestiere di pittore.

Ecco dunque volti, studi di mani, di piedi, toraci possenti o di fanciullo, musi di animali (cani, cavalli, asini, mucche), in un crescendo di padronanza tecnica che contrapporrebbe questo giovane allievo proprio a Peterzano. ''Le due mani non possono essere confuse - spiega la Conconi - quella del maestro e' estremamente pignola, precisa, mentre quella del Merisi adolescente e', come nei dipinti della maturita', potente, di grande resa realistica, ma qui ancora pasticciata''.

E infatti, nella fase di apprendimento, sottolinea, ''sbaglia e anche spesso, con alcuni errori che si radicano al punto di riapparire dopo anni nei dipinti piu' celebrati, come i musi delle mucche o i calcagni, di cui non diventera' mai padrone''. Dunque a fronte delle ''linee secche e geometriche, di grande perizia del maestro'', si evidenzia ''un tratto irruento, attento a rendere il dinamismo della figura grazie a linee a serpentina affiancate alle membra''. Una sorta di vibrazione del corpo, conclude la Conconi, che il Caravaggio maturo usera' spesso nei suoi capolavori.


La scoperta riscrive anche la biografia

Riscrive anche la biografia di Caravaggio la complessa indagine compiuta da Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli, che presenta per la prima volta un centinaio di disegni attribuiti dai due studiosi al giovane Michelangelo Merisi, quando era allievo del maestro manierista Simone Peterzano. Non solo i risultati della ricerca incrinerebbero la figura romantica del pittore maledetto, tutto genio e istinto, a favore di una visione piu' aderente al lavoro di bottega, con l'artista che costruisce in modo meticoloso i personaggi, le teste di carattere, in disegni e fogli che portera' con se' a Roma, un viaggio a lungo preparato (forse persino con un precedente soggiorno).

Si rivoluzionerebbero secondo l'indagine anche le note biografiche relative ai primi anni di vita e alla giovinezza, in particolare per l'appartenenza della madre Lucia Aratori al patriziato (con tanto di stemma) di Caravaggio, feudo degli Sforza. Proprio la vicinanza alla famiglia Sforza Colonna darebbe nuova luce all'infanzia e adolescenza del Merisi. Il nonno materno, Gian Giacomo, era agrimensore del paese e fiduciario dei marchesi. Uomo di cultura, a lui fu affidato Michelangelo mentre i genitori erano a Milano e forse, dice la Conconi, in quel periodo imparo' i rudimenti del disegno e conobbe la produzione caravaggina di Fermo Stella o del Moietta, e conobbe ''le sconvolgenti scene dei Sacri Monti'', piu' tardi entrate nel suo bagaglio figurativo. Di fondamentale importanza, la vicinanza con Costanza Sforza Colonna, il cui palazzo ospitava anche la residenza di Gian Giacomo Aratori.

La donna, spiega la Conconi, seguira' il Merisi per tutta la vita. Nella sua pinacoteca Michelangelo scoprira' i ritratti del Pulzone, che gli ispireranno, secondo la ricerca, il canone geometrico dei volti, mentre a Milano, dove si sposta anche Costanza quando Caravaggio inizia l'apprendistato da Peterzano, tramite la nobildonna si avvicina al potente ordine dei Barnabiti, presso i quali, dice la Conconi, avra' nel 1590 la prima commessa per un rifacimento dei un dipinto del maestro. Con Costanza, Caravaggio prepara lungamente la sua discesa a Roma.

''Con tutta probabilita' - racconta la studiosa - nella citta' dei papi il Merisi viveva nel palazzo della sua benefattrice e usava la dimora documentata dalle recenti scoperte archivistiche soltanto come studio''. La presenza della donna lo protegge sempre. Dopo la condanna a morte per l'uccisione di Ranuccio Tomassoni, trovera' riparo dai Colonna nei feudi laziali e a Napoli. Con l'intercessione del casato a Malta entra quindi in contatto con il gran maestro dell'ordine dei cavalieri di san Giovanni, Alof de Wignacourt, per riuscire a ottenere l'immunita'. Sempre da Costanza si rifugera' nell'ultimo soggiorno napoletano, prima delle vicende che porteranno alla sua morte, ancora oggi avvolta nel mistero. Fatto sta, conclude la Conconi, che fu sempre Costanza che ando' a riprendersi i suoi beni e a lei fu spedito il condono papale ormai inutile.


Gli studiosi: ecco la chiave della scoperta

''La madre di Caravaggio, Lucia Aratori, aveva speso una fortuna per pagargli la salata retta di allievo per quattro anni nella bottega di Simone Peterzano. Impossibile che non avesse voluto vedere i risultati, che non ci fossero i disegni''. Con questa certezza gli storici dell'arte Maurizio Bernardelli Curuz Guerrieri e Adriana Conconi Fedrigolli, autori di due e-book 'Giovane Caravaggio. Le cento opere ritrovate' in uscita domani, hanno avviato due anni fa una complessa e ponderosa indagine sfociata nel ritrovamento di un centinaio di opere da loro attribuite al giovane Merisi.

I primi decenni della vita del grande pittore lombardo, tra Caravaggio (Bergamo) e Milano, sono rimasti per secoli avvolti nella nebbia, con indizi sommari e confusi, poco indagati a confronto degli anni romani e successivi. ''Armati di follia, gusto per la sfida e passione - aggiunge la Conconi - abbiamo deciso di partire, anche se non sapevamo dove saremmo arrivati. Pero' una quindicina di disegni eravamo certi di trovarli''.

Il passo successivo, sottolinea Bernardelli Curuz, ''e' stato mettere a punto uno strumento metodologico. Abbiamo cominciato ad analizzare le prime opere che il Merisi ha realizzato a Roma, i volti di efebi che culminano con il 'Ragazzo morso dal ramarro' e da li' sono partito per individuare il 'canone geometrico' ideato dal pittore quando era allievo di Peterzano e che non ha mai abbandonato nella vita''.

Tutti gli artisti seguono questo percorso stilistico, ''una sorta di Dna strutturale''. Caravaggio avrebbe ricavato il suo dai ritratti del Pulzone, le cui opere poteva aver ammirato dalla sua protettrice Costanza Sforza Colonna: sei quadrati giustapposti, con cui l'artista avrebbe poi costruito i volti, facendoli ruotare per seguire le piu' svariate posture ed espressioni. Una volta trovato il 'canone geometrico', i due ricercatori hanno scelto di azzerare tutte le ipotesi su Peterzano pittore e sul suo rapporto con Caravaggio (1584-1588).

''Sedicente allievo di Tiziano, era un gran disegnatore e a Milano, all'epoca, rappresentava il nuovo - dice la Conconi -: per questo Lucia Aratori gli affida il figlio promettente''. Nel 'quadrone' dipinto nel 1573 per la chiesa milanese dei Santi Paolo e Barnaba e che raffigura 'Il Miracolo dei santi Paolo e Barnaba a Listri'', definito gia' da Roberto Longhi ''fortemente precaravaggesco'', hanno ritrovato, in un gruppo di ritratti eseguiti con un sorprendente realismo, in mezzo a una composizione tardo-manieristica, il 'canone geometrico' che contraddistinguerebbe Caravaggio.

E' stato risolto anche il problema della data, poiche' quegli stessi personaggi nel 1573 erano troppo giovani per ricoprire quei ruoli. Bernardelli Curuz e la Conconi hanno cosi' ipotizzato che nel 1590, forse con l'appoggio di Costanza Colonna, benefattrice dell'ordine, Caravaggio fu chiamato a integrare il dipinto del maestro. ''Forse e' stato il suo primo lavoro in autonomia'', dice Bernardelli Curuz. A ritroso, analizzata la pittura del Peterzano, i due studiosi hanno affrontato il Fondo con i disegni di maestro e allievi del Castello Sforzesco.

''Li abbiamo divisi in tre blocchi, in base dell'unita' stilistica - spiega Bernardelli Curuz - e nel secondo abbiamo iniziato a vedere i volti, i corpi, le scene che Caravaggio avrebbe applicato durante la maturita'''. Sono cosi' iniziati i confronti sul computer. ''Ottantatre' disegni dei cento da noi scoperti furono applicati dal Merisi nelle prove romane e post-romane. Cio' dimostra che Caravaggio era partito dalla Lombardia con un bagaglio figurativo molto ricco''.

L'ultimo atto e' stato il ritrovamento, sempre nel Fondo, di un biglietto con parole di protesta che, secondo gli studiosi, ''presentava nella grafia elementi di continuita' con il fare disegnativo di Caravaggio''. Il materiale e' stato esaminato da Anna Grasso Rossetti, perita grafologa del tribunale di Brescia che, dopo un confronto fotografico con due scritti del Merisi del 1605-1606, ha confermato l'ipotesi che anche il biglietto sia autografo di Caravaggio.



Qualche confronto



mercoledì 4 luglio 2012

Mimmo Rotella...un americano a Roma

Inediti legami tra Mimmo Rotella e la nascita del personaggio di un Americano a Roma in questo interessante e suggestivo articolo di Andrea Bruni.

DUCHAMP… M’HAI PROVOCATO… E IO ME TE MAGNO!

Prime delle Contesse Scalze, degli spogliarelli proibiti di Aichè Nanà, della suburra catacombale fotografata dall’entomologo Marcello Rubini (La dolce vita) ci fu una Roma sotterranea e vitalissima che non guardava solo ai salottini di Via Veneto o alle serate con Chet Baker alla Rupe Tarpea. No, guardava oltralpe, con voraci antenne, senza fermarsi ai diktat del “Politecnico” di Vittorini, o ai furibondi scorci proletari di Sfrenato Guttuso, come lo chiamava l’amico Marino Mazzacurati. Se Tommaso Landolfi, più bello di Errol Flynn, navigava- fiero e solitario- verso il Mar delle Blatte, altri cercavano diversamente un Altrove. Magari a Saint Tropez. Con un frustino in mano, e con due bionde ignude accovacciate sui sedili della propria Spider, come Mimmo Rotella, guascone delle Avanguardie. Roma-Saint Tropez- Parigi- Kansas City- New York- e poi di nuovo Roma, magari per dirigere, con piglio squisitamente Dada, la sua Suoneria Epistaltica, assieme ad una certa Ursula Andress (a cui Rotella aveva assegnato una “macchina da scrivere con forchetta sincronizzata”), e ad un certo Lucio Fulci, giovane appena uscito dal Centro Sperimentale, che seguiva l’amico artista con un tamburo, nella speranza di recuperare un bel Picchiapò fumante ed una compagnia femminile per la notte…Tutto vero: siamo fra il 1952 ed il 1953, Mimmo Rotella ha già tenuto due personali alla Rockhill Nelson Gallery, e l’Università della città lo ha nominato “Artist in Residence”… Ma lui niente; ogni volta che gli era possibile, eccolo tornare alla adorata Roma, con i suoi giubbotti in pelle da “teddy boy”, le camicie floreali, i cappelloni texani, l’inimitabile accento calabro-roman-americano…Un bel giorno (di quelli magici che capitavano solo a Roma, dagli studi di Cinecittà, sino al Teatrino della Barafonda) il giovane Fulci- nel frattempo divenuto aiuto-regista di Stefano Vanzina, nome d’arte Steno, ovvero il Sommo Artigiano- incontra Rotella reduce dall’America che gli dice: “Sono appena tornato da Kansas City, dove ho insegnato poesia…Ho anche dei danzatori che potrebbero lavorare per la nostra “Suoneria Epistaltica”…Ma là, però, perché qui in Italia è tutto difficile…Come lo dite in Italiano…have relationship…”; e Fulci: “Si dice amicizie…”, e l’artista post-Dada: “Ma io parlo un ottimo americano!”… “Cos’è il genio?”, si domandava il Perozzi in Amici miei…Ecco Fulci che, nel giro di un nanosecondo crea Nando Moriconi- pensando ai tic esterofili di Mimmo Rotella- per la nascente star Alberto Sordi. Nando Moriconi, coatto romano con ossessioni a “stelle e strisce”, fa la sua prima apparizione in Un giorno in pretura (1953), nel celebre episodio del bagno nella “Marrana”. A ruota, nel 1964, esce Un americano a Roma, e qui siam già nella leggenda. Ma della strana amicizia fra Fulci e il tonitruante artista che “vuo fa l’americano” non se ne ricorda più nessuno. 

di Andrea Bruni su Satisfiction



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