domenica 20 maggio 2012

Perchè i morti sono di più

Guardo inerme la distruzione causata dal sisma in Emilia e mi accorgo, come anche per l'Aquila, come i morti siano molti di più. I monumenti crollano e si distruggono. Fino all'Ottocento tutto questo non sarebbe stato percepito come una mancanza. Chiese e palazzi sarebbero stati ricostruiti, sarebbero stati resi forse più belli poichè la grandezza delle città italiane sta nell'accumulo del tempo e degli strati che ogni volta lascia tracce diverse eppur in armonia con le precedenti. Oggi che si è smarrita la bellezza del costruire seguendo la natura e lo spirito dei luoghi, oggi che si costruiscono brutture architettoniche e ogni intervento appare isolato dal contesto, slegato dalla perfezione urbanistica, ogni perdita appare come un addio. Certo, forse verranno restaurati, ma ciò che si è perso rimarrà solo nella memoria e non vivrà, come memoria, nella ricostruzione. Incapaci di produrre più bellezza, edifici civili o religiosi che condensano i valori di una popolazione, percepiamo ogni danno come una ferita non più sanabile. Ogni edificio o opera d'arte è insostituibile, è vero, ma se ci fosse continuità nella storia dell'arte e delle forme ogni mancanza verrebbe sanata con altre opere, come è stato per secoli. Purtroppo oggi il pessimismo e la perdita dominano questi momenti. Un castello che crolla è allora un morto in più sulla nostra coscienza.


P.s. La nostra attuale architettura, ormai, sembra quella che un rassegnato Jay Wolke ha immortalato nel suo ultimo libro «Architettura di rassegnazione. Fotografie dal Mezzogiorno». A riguardo si legga l'articolo di Tomaso Montanari: Il Mezzogiorno rassegnato.


P.s.2 E che dire, per esempio, del Ponte Lucano e del Mausoleo dei Plauzi. Un tempo elemento pittoresco nella campagna romana, raffigurato tante volte per la sua bellezza e amenità, per il suo intimo legame col paesaggio, e oggi divenuto discarica soffocato dal traffico?



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