mercoledì 28 aprile 2010

Charles Moulin

Charles Moulin (Lille, 6 gennaio 1869 – Isernia, 21 marzo 1960).

Charles Moulin venne per la prima volta in Italia nel 1896 con la borsa di studio dell’Accademia di Francia, il famoso “Prix de Rome”, il più ambito riconoscimento per un artista dell’epoca che dava diritto ad un soggiorno gratuito nell’Urbe presso la sede dell’accademia, Villa Medici, per perfezionare gli studi pittorici. Vi aveva partecipato col suo amico Henri Matisse ma quest’ultimo, poco accademico, non aveva ricevuto neanche una menzione. Moulin si trasferì a Roma l’anno successivo e rimase catturato dalla luce e dal sole mediterraneo, ossessionato dalla possibilità di tradurre la luce in pastello. Nel 1901 tornò a Parigi e qui dipinse Orfeo ed Euridice. Conobbe una ragazza di nome Emilia e se ne innamorò, ma non la poté sposare perché già promessa a un ricco signore. Nel 1904 il pittore tornò in Italia e si fermò per alcuni mesi ad Anticoli Corrado, il paese delle modelle, nei pressi di Roma. In seguito giunse a Castelnuovo al Volturno, nel 1911 con l’intenzione di rimanerci solo alcuni giorni, per far visita ad uno zampognaro, tal Vincenzo Tommasone, che a Parigi era stato suo modello e che, durante le sedute di posa, soleva raccontare con toni poetici le bellezze dei suoi monti d’origine.
L’artista rimase così incantato dai paesaggi del luogo che decise di stabilirsi nel piccolo paese molisano per il resto della sua vita, rapito dal paesaggio e dalla natura prorompente dei monti e dei boschi delle Mainarde. Si allontanò dal paese solamente per brevi periodi: durante la prima guerra mondiale e in occasione di esposizioni a New York e alla Mostra del Salone di Parigi. Visse da eremita in una capanna sul Monte Marrone detestando il denaro (rifiutò persino un assegno vitalizio accordatogli dall’Accademia di Francia) e regalava i suoi pastelli ai pastori e ai contadini in cambio di una minestra o di una fascina di legna da ardere. Condusse un’esistenza libera, a contatto con la natura primitiva che egli cercò di comprendere e interpretare in ogni espressione. Affermava che “per fare il bello occorre vederlo” ma che per vederlo occorre conoscerlo (diceva ancora “Vorrei rendere il pensiero attraverso la natura, esprimermi secondo quanto mi detta, dentro lo scenario meraviglioso che mi circonda e nel quale io trovo la pace dello spirito”).
Viveva di decotti (corteccia d’alberi, foglie, erbe) che cucinava nella capanna che aveva costruito con le sue mani e che fungeva anche da suo studio. Solo rare volte scendeva in paese per un piatto caldo e in cambio donava i suoi quadri. Era gioviale e spiritoso e dalla vita estremamente frugale, per non dire eremitica: nella sua capanna possedeva poche cose tra cui una bambola di pezza che egli presentava come “la sua signora”. La gente del posto conserva di lui un’immagine leggendaria che lo vuole intento ad impastare erbe per procurarsi i colori o in atteggiamenti di familiarità con gli orsi. Nella bocca di chi lo ha conosciuto, Moulin (o meglio Mussiè Mulà, come soleva chiamarlo la gente del posto) era un mago che abitava tra i monti, parlava con gli orsi, realizzava pozioni miracolose e viveva con un serpente.
Non seguì per la forma alcuna corrente artistica, né per il contenuto sposò correnti di pensiero ma tradusse in pittura quello che in piena libertà vedeva e sentiva: l’arte, per lui, era la traduzione, con forme materiali, dell’immateriale, “il suo scopo è di commuovere e di incantare”. “Un neoclassico, un romantico, un purista, un impressionista? Né l’una né le altre di queste cose o tutte insieme, forse. Una creatura solare, certamente, che nella luce del meraviglioso paesaggio molisano trovò motivi sublimi per la sua vita e per la sua arte” (Sabino d’Acunto).
Alcuni dei suoi lavori sono oggi conservati nei musei di Versailles e di Lille ma la maggior parte appartengono a collezioni private; a Rocchetta a Volturno se ne possono ammirare diversi tra cui gli splendidi paesaggi presentati in questa sede e raffiguranti Castelnuovo bombardata dagli americani nel 1944. Ci piace immaginare che le vite di questi due singolari personaggi, Charles e Giaime, si siano incontrate tra i sentieri di Monte Marrone; in questo senso abbiamo riservato il giusto spazio a questi tre significativi dipinti.

Il rifugio su monte Marrone


Castelnuovo dopo il bombardamento conservata presso il comune di Rocchetta


1 commento:

  1. http://luigidestefano.blogspot.it/2013/04/minnamoro-delle-mainarde-col-mio-cuore.html


    Con grande rispetto per M'ssiu Mulà in questo post!

    RispondiElimina

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...